Consulenza Psicogenealogica

 

Consulenza e Terapia

Perché e quando è utile una Consulenza psicogenealogica ?

  La persona che chiede di fare alcune sedute di Consulenza genealogica di solito vive un disagio esistenziale : per esempio, non si trova a bene nel posto che occupa in famiglia, nel gruppo o nel lavoro, non riesce a tenere a lungo un partner e rompe improvvisamente con lui/lei ad intervalli fissi, o incontra frequentemente partner di cui si occupa come se fosse un bambino anziché un adulto, oppure, nonostante che lavori con impegno e competenza non riesce ad ottenere in cambio una condizione di agio corrispondente, o perde spesso i documenti o fa incidenti d’auto solo in certe date, o viene presa dal terrore che la sua azienda, attualmente in condizioni floride, potrebbe crollare…come è avvenuto la Nonno e a due suoi cugini di cui ha saputo da una zia, oppure non riesce a stare ferma nella stessa abitazione, ma deve imperiosamente traslocare dopo un po’, senza buoni e ragionevoli motivi, oppure si meraviglia e si sente a disagio perché tutti in famiglia hanno un nome legato alla tradizione del clan eccetto che lei/lui. Si tratta solo di esempi, come è facile intuire.

   In altri casi la consulenza psicologica si effettua in presenza di una vera e propria malattia che riguarda il comportamento, il corpo o degli erramenti esistenziali ; qui  la consulenza può aiutare l’interessato ad individuare delle piste di ricerca che facilmente richiedono una vera e propria Consulenza psicologica o una Psicoterapia da affiancare a cure mediche e ad altri interventi.

   L’Albero genealogico che è il riferimento essenziale di questo lavoro non è un disegno schematico fatto di cerchi e triangoli che è possibile raffigurare anche con un ausilio informatico; difatti sono disponibili vari programmi gratuiti con cui si può realizzarlo anche con fantasia e gusto estetico. L’Albero che agisce in noi è qualcosa di vivo e palpitante : la sua linfa scorre in ciascuno attraverso tracce, mescolanze, intrecci che sono in funzione e lavorano al di là di quanto non riusciamo a cogliere con la coscienza di veglia. Quando una ragazza abortisce di un bambino a 18 anni, alla stessa età in cui la Madre, e anche la Nonna hanno avuto la stessa dolorosa esperienza, è difficile che la cosa sia avvenuta per caso, sebbene le circostanze e le motivazioni possano sembrare o essere diverse.

Appare evidente, in casi del genere, che è all’opera una eredità psicologica che passa attraverso le generazioni, proprio come gli occhi blu o la struttura longilinea dell’ eredità biologica: essa viaggia sull’onda di una trasmissione orale diretta, come cose dette e ascoltate tante volte, e allusioni alla nostra somiglianza con quel personaggio particolare della Famiglia, o sull’onda molto più impalpabile di cose che sono nell’aria, si sentono, si fiutano sebbene siano segrete o non-dette. Sono cose che agiscono nell’ inconscio familiare, anche se noi non ne abbiamo coscienza, come avviene per il funzionamento del nostro Sistema Nervoso che svolge tutte le azioni mirate a tenerci in vita, a nostra insaputa. Quando ci rendiamo conto che il cuore non va? Quando ci batte troppo forte o ci ferma con i dolori dell’infarto.

  L’Albero sembra agire proprio come un essere vivente : nessuno è una monade, ognuno ha un nome ed esercita un mestiere o una professione, si trova a vivere delle vicende che svelano un “pattern”, o incontra il/la partner per affinità elettiva e che poi si può rivelare ripetutamente un disastro, cosa che richiama eventi che sono già registrati nell’Albero. Ad agire, nel nostro immaginario, c’è un inconscio non solo personale, ma anche familiare e del clan come è stato rilevato dagli studiosi a cui dobbiamo la nascita della Psicogenealogia. La persona, a propria insaputa, in definitiva, sta conducendo una “mission” composta di fili invisibili e legami simbolici con cose già vissute e non risolte non solo al livello prossimo dei Genitori, ma anche all’interno di tutta la “costellazione” degli Antenati – molto spesso entro le quattro generazioni, ma talvolta molto oltre – e di quelli a cui essi sono stati legati in vita e specificamente da marcature negative che hanno accompagnato la loro esistenza.

Possiamo dire, in definitiva, che la ricchezza e la varietà della storia familiare si traduce in una metafora : questo è l’Albero genealogico. A leggerlo e a decifrarlo si possono rintracciare le memorie – ovvero i vissuti e i risentiti e tutte le soluzioni bio-psicologiche e comportamentali che il clan è riuscito a trovare nella sua marcia verso la vita – e alcune di esse hanno una risonanza . nel nostro modo di essere al mondo, oggi.

La Psicogenealogia, la BioPsicogenealogia e la PsicoBioGenealogia, quindi, ci aiutano a stabilire un legame proficuo e d euristico tra Psicologia, Biologia, Genealogia. Per trovare aiuto in questo ambito non occorre partire con una tonnellata di dati : basta iniziare con nomi, date di nascita, di matrimonio, di morte, con mestieri/professioni, malattie  e incidenti importanti di Genitori-Nonni-Bisnonni e dei loro diretti collaterali. Questo ci può aiutare a trovare le linee di identificazioni disfunzionali che impediscono la nostra riuscita nell’amore con l’altro sesso, o si manifestano come ripetizione di drammi o di impedimenti inconsci al successo personale, con veri e propri blocchi evolutivi.

 

   La ricerca psicogenealogica, ovviamente, riguarda la linea di sangue della Madre e del Padre, anche nei casi in cui sembra impossibile avere notizie di quest’ultimo se, per esempio, ha sbattuto la porta ed ha mollato la mamma ad occuparsi del cliente e dei sui fratelli. Non è solo quello che si sa che agisce, ma ancorpiù “quello che non si sa”, e, accanto alla Psicogenealogia con i suoi strumenti specifici, le Costellazioni Familiari fanno affiorare dinamiche e legami impensabili.

Le diverse memorie che agiscono sono sia consce che inconsce : al momento del Progetto/Senso che ci riguarda, esse trovano posto e spazio nel cervello del nascituro. A partire da questo momento, su questo terreno di memorie, agiscono i “life events” della Coppia dei genitori ovvero dei vissuti-risentiti ad essi collegati. Nel momento della nascita – una delle tappe in cui si articola il Progetto/Senso – tutto si riposiziona anche in rapporto anche al nome che ci viene assegnato, al rango di fratria che occupiamo, alla data in cui avviene la nascita e alle vicende legate a questo evento di svolta.

   Per lavorare sull’Albero genealogico, ripetiamo, lo strumento essenziale di cui disponiamo è il geno-sociogramma, o, se ci occupiamo anche delle malattie che percorrono l’Albero, del bio-geno-sociogramma. Il modo in cui l’interessato lo ricostruisce e lo raffigura, basandosi sulle informazioni che ha raccolto, dà già allo Psicogenealogista delle informazioni utili per individuare alcuni nodi sistemici e delle identificazioni importanti : dall’aspetto grafico e dai dati mancanti o non disponibili – da intendersi come veri e propri “atti mancati” freudiani – la domanda che occorre porsi è :

    • Ci sono segreti di famiglia di vecchia data che agiscono ancora oggi?
    • Se sì, attraverso quali linee di trasmissione?
    • Le date anniversarie in cui avvengono ripetizioni di eventi inspiegabili cosa ci obbligano a ricordare o a sistemare?
    • La scelta del partner o della professione, i cambiamenti e i rovesci di fortuna, ivi compresi gli incidenti e le malattie serie che riguardano noi o i nostri cari, cosa ricordano? Dove ci riportano, in modo non casuale?
    • Quali debiti indesiderabili e non dovuti ho bisogno di riconoscere e, poi, mollare per adempiere il mio progetto di vita?

Queste domande, ed altre simili ci sollecitano a cogliere come agisce su di noi l’ inconscio familiare che riguarda, in modo diverso, ciascun altro  componente della famiglia.

Quando l’obiettivo di una Consulenza psicogenealogica riguarda la ricerca di aiuto per impedimenti gravi o a malattie serie, l’intervento non può limitarsi alla presa di coscienza, ma deve necessariamente integrarsi con i vari approcci psicoterapeutici : allora, a seconda della competenza del terapeuta e della sua formazione, e a seconda del disturbo/malattia, può essere necessario il ricorso non solo alla Psicogenealogia, ma anche all’ Analisi Psicosomatica e alla Decodifica Biologica del disturbo, e/o ai Cicli delle memorie biologiche, e/o all’indagine del Progetto/Senso a cui abbiamo già accennato nei paragrafi precedenti.

   Ciò che in aggiunta ci preme sottolineare è che, una persona che è affetta da una vera e propria malattia, senza dubbi farà bene come primo intervento a fare ricorso alla Medicina. Quale folle rifiuterebbe di farsi curare con i mezzi e le tecniche efficaci che la ricerca scientifica mette a disposizione di continuo nell’ambito della Medicina e della Chirurgia solo perché ha individuato dei possibili collegamenti transgenerazionali con un antenato di cui ripete il destino? o perché nella sua personale depressione trova tracce di un lutto che continua ad agire su di lui o addirittura si rende conto che è stato concepito a ridosso di un lutto per un fratellino morto e il suo Progetto/Senso ne fa proprio un bambino di sostituzione, con tutti i sintomi di questo progetto più o meno conscio nella testa dei suoi genitori ? o perché lo convince l’approccio della Nuova Medicina e della Decodifica Biologica sui risentiti che scatenano la sua malattia?

   E’ evidente che le cure mediche aiutano, come minimo,  il corpo malato a prendere tempo e ad economizzare le energie spese per la malattia  oltre che a recuperarle. E possono essere di aiuto anche altre terapie, come quelle alternative ed energetiche. Ma occorre non dimenticare mai che quando ci siamo ammalati, noi siamo limitati e guidati da un’antica centrale di comando – il cervello – che non può che applicare i programmi di cui dispone per permetterci di sopravvivere nonostante lo stress che ha superato la soglia. In quei programmi ci sono gli imprinting dell’impatto psico-corporeo sia della nostra piccola storia personale che di quella più ampia che fa da sfondo e riguarda la famiglia e il clan di cui facciamo parte. Allora, togliere le tonnellate di polvere che si è accumulata su quei programmi rendendoli irriconoscibili – come dice S.Sellam – può riportare i mobili di famiglia all’antico splendore, ovvero riportarli allo scoperto, e darci l’opportunità di discriminare ciò che è fuori posto e fuori tempo per ciò che riguarda la ”nostra” vita ingabbiandoci magari in un doppio spostamento.

 

La trasformazione terapeutica

   Come trovare aiuto nell’ Albero quando il mal-essere o la mal-attia ci limita considerevolmente la vita? Cosa comporta “prendere coscienza” (non è “sapere”!) dell’impatto biologico delle memorie transgenerazionali e, quindi dell’esistenza di un terreno, un libro su cui noi scriviamo, per così dire, la nostra parte di vita, i nostri piccoli-grandi capitoli ma non possiamo che usare l’inchiostro che ci è messo a disposizione dal romanzo familiare? E si può pensare di ignorare le conseguenze psicosomatiche di queste memorie?

   Credo che, dati certi disagi personali e/o relazionali o certe vere e proprie malattie, non si può che fare incursioni e tentativi di ricerca di senso nella “preistoria della persona” così come abbiamo indicato attraverso questi pochi accenni. La Psicobiologia offre strumenti ineguagliabili, così l’Analisi Psicosomatica, così la PsicoBioGenealogia, e così le Costellazioni Familiari, soprattutto così come oggi ce le consegna Bert Hellinger dopo un incredibile processo di decantazione. Ma, quale che sia la prima strada o le strade che scegliamo in sequenza di proporre a chi vuole veramente 

guardare e sentire da cosa la malattia vuole guarirlo,

occorre dire che guarire vuol dire molte cose e gli schemi e gli strumenti di cui possiamo servirci, soprattutto nel campo della Psicogenealogia che tiene conto del modello di Hamer per il senso delle malattie sono recenti, da collaudare e da affinare; e, soprattutto, sono schemi non fissi  e non schemi terapeutici, bensì analitici : bisogna esplorarli e proporli con accortezza, senza dogmatismi e, aggiungo, con umiltà, e vedere se ci è dato il permesso di aiutare, come dice Bert. E accompagnare l’interessato a scoprire da sé cosa vuol dire guarire, totalmente, facendo i passi per recuperare l’armonia con la propria vita, se e per come è ancora possibile, e l’armonia con la Vita di cui il nostro Albero genealogico è un’espressione  divina. 

   Con questo approccio è evidente che ci muoviamo in un ambito delle scienze umane, dove, si sa, non si possono stabilire a-priori delle relazioni di causa-effetto a livello individuale (storie di vita), o a livello transgenerazionale (storie di clan e famiglie). Questa operazione è permessa solo nell’ambito delle scienze esatte come la matematica, la fisica, la chimica. Qui, invece, si possono solo stabilire correlazioni. E allora, se non è difficile, Albero Genealogico alla mano, ipotizzare che una correlazione c’è tra il Nonno morto tragicamente nelle camere a gas di Dachau e i sintomi di insufficienza respiratoria di un Nipote che ci sta consultando oggi, non possiamo spingerci molto oltre e pensare di aver scoperto l’America. E’ in ambito clinico, poi, che possiamo utilmente lavorare sui sentiti specifici che emergono e soppesare quanto la traccia di lavoro affiorata permetta al cliente di poter operare la trasformazione e la trasmutazione che può guarirlo dal sintomo o dalle difficoltà esistenziali di oggi.

   Resta che se, verosimilmente, i semi delle malattie fisiche o mentali, in qualche modo, sono stati piantati in un episodio drammatico che ha a che fare con la storia del Clan o il nostro Progetto/Senso e costituiscono una programmazione; sono, poi, gli eventi stressanti che possono scatenare le vere e proprie malattie. Ma tutto questo avviene a livello inconscio, e di ciò che si scatena in noi, in un certo momento, magari in una ricorrenza (sindrome di anniversario) non possiamo trovare un responsabile, ovvero un antenato preciso, anzi, rischiamo di aggirare le vie possibili di guarigione proiettando su uno o più di uno le cause del nostro disagio.

Cosa comporta, allora, a nostro parere la Trasformazione terapeutica del titolo di questo paragrafo? Innanzitutto che l’interessato, una volta che si è impadronito di certe “chiavi” di lettura del proprio Albero, diventi capace di “prendere le giuste distanze”, di “mollare la presa”. Quando diventano evidenti i fili di una situazione passata generatrice di stress oltre misura riguardante uno o più antenati, situazione che non ha potuto essere gestita e risolta, l’energia conflittuale accumulata personalmente e/o attraverso i legami transgenerazionali è pronta a scaricarsi su un oggetto : nel caso migliore la cosa meno disturbante che si possa verificare è lo scarico su un orientamento professionale, una passione specifica o un comportamento particolare nella scelta del partner o nella gestione del danaro. Nel peggiore , si tratta di una vera e propria malattia. E’ a questo livello che l’appartenenza può smettere di essere un destino appena cominciamo ad imparare come ritrovare il nostro ruolo naturale nel nostro sistema familiare e, conseguentemente, restituiamo a chi spettano i debiti di lealtà familiare che ci bloccano pericolosamente e inutilmente. Siamo in risonanza con qualcosa che non è nostro.

Insomma occorre che impariamo a trasformare il filo rosso dell’abbandono e del dolore  in un filo d’oro della riconciliazione – parafrasando H. e M.Scala. E’ un compito eroico, perchè  richiede un coraggio  speciale l’ “osare” addentrarsi nel labirinto delle sofferenze engrammate degli antenati per riuscire a vincere il “mostro” che ci condanna alla ripetizione e alla sconfitta, a girare a vuoto. 

Lavorare sull’Albero è riconoscere le “radici”, è riunificare, è riversare pensieri  e sentimenti di benevolenza per ciò che è stato, senza accuse e senza giudizio. Ciò che è stato è il fondamento di ciò che siamo : il nostro carattere, i nostri comportamenti, le nostre scelte professionali, gli incontri con certi tipi di partner, il successo o l’insuccesso nel lavoro o nel ricevere/maneggiare il danaro, insomma tutto ciò di cui siamo capaci ed orgogliosi e …tutto ciò che ci limita. Ciò che ci limita mostra le tracce – o memorie – di emozioni bloccate e drammi  della persona e della Storia che hanno superato la soglia, e, in vario modo, hanno deviato la trasmissione della Vita dagli Antenati a noi, attraverso i nostri Genitori. E’ come se si fosse verificata una perdita di informazioni che per i discendenti si traduce, di fatto, in ciò che A. Jodorowsky definisce un “abuso” in tutti i sensi : i segni di tale abuso sono riscontrabili in un doppio linguaggio, in un doppio legame, in una presa in ostaggio affettivo, in una violenza nel non lasciar dire o parlare, nella vera e propria violenza sessuale, nel non riconoscere il sesso di un figlio che si attendeva di sesso diverso, nella svalutazione e colpevolizzazione, nella carenza di contatto fisico ed emotivo con un figlio, fino alla sua invasione e dominio negandone le vocazioni, persino in un debito di morte di una persona verso un ascendente.

 Guarire l’Albero dentro di sè esige una trasformazione che può passare attraverso  tante strade

Di esse menzioniamo ie più profondamente coinvolgenti : l’Albero Genealogico decodificato, la meditazione, le visualizzazioni, il disegno dei mandala, le Costellazioni Familiari, le ordalie,  le ordalie, gli atti psicomagici…

Questa trasformazione esige che ci poniamo in una posizione di ricettività e di rispetto per come la Vita è arrivata a noi.  Esige, anche, che molliamo la missione impossibile legata alla convinzione inconscia :

  • in cui siamo stati imprigionati da segreti vari e missioni riparatrici trasgenerazionali indebite, che noi siamo quell’antenato ( anche se il nostro legame speciale con lui/lei è visibile attraverso il nome che ci è stato dato, le date e le sincronie, le sindromi di anniversario, le nevrosi di classe e tanto altro che possiamo cogliere col lavoro sull’Albero) : insomma occorre sanare identificazioni fuori luogo, non autentiche e perdenti, lasciare divieti e codici di famiglia che ci limitano e oscurano il nostro personale progetto di sviluppo attraverso la “mitologia” e il “romanzo” familiare.
  • che noi siamo i Genitori dei nostri Genitori e siamo responsabili della loro realizzazione o della loro felicità
  • che il destino infelice di un parente o di un partner spetta a noi “portarlo”
  • che occorre guardare soprattutto ai morti anziché volgere lo sguardo all’energia che porta avanti la Vita
  • che se rimaniamo esclusi ed infelici, “apparteniamo“, ovvero ci sentiamo a casa.!!!
Infine, occorre che  ci diamo i permessi di prendere la nostra vita nelle nostre mani, trasmutando il senso limitato con cui abbiamo combattuto le malattie e le difficoltà che hanno attraversato e attraversano la nostra vita.

 E’ quello che Bert chiama l’ “amore cieco“ di un Bambino verso i suoi Genitori. Siamo tutti irretiti, dice Bert Hellinger. E non è difficile comprendere perché : la Vita è arrivata a noi attraverso i Genitori, così come essi l’hanno ricevuta. Riconoscere ciò che è è innanzitutto questo. Questo dei rapporti Genitori/Figli è l’ambito più pericoloso in cui le correlazioni possono avere effetti anche gravi. E’ esperienza clinica frequente che

il conflitto psicologico di uno o entrambi i Genitori diventa biologico nel Figlio

Per operare la trasformazione terapeutica di cui stiamo parlando, oltre a mollare un legame patologico e a depositare le valigie transgenerazionali che costituiscono le nostre radici, ma di cui il nostro personale progetto evolutivo non ha bisogno per poter fiorire, anzi, attraverso di noi passa anche ai nostri Figli e discendenti, presenti e futuri. Occorre che impariamo anche a collocarci in una dimensione più ampia in cui l’appartenenza al nostro Albero Genealogico non oscuri l’appartenenza a campi più vasti e che sono fuori dal nostro controllo : è paradossale, ma smettere di lottare quando siamo in grande difficoltà o ci ammaliamo ci dà l’energia per vedere cosa la malattia ci insegna e smettere di controllare ci dà l’opportunità di accettare l’idea di un piano in cui le nostre volontà e i nostri desideri sono limitati e limitanti.

Mi piace chiudere questa parte ricordando ciò che Jung diceva a proposito della malattia :

Noi non siamo qui per guarire dalle nostre malattie.

E’ la malattia che è qui per guarirci

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