Psicologia integrata o Psicologia olistica ?

 

   E’ da tempo che in Psicologia e in Psicoterapia l’esperienza e la ricerca in vari campi hanno portato i professionisti del settore a sentire la limitatezza e la inadeguatezza sia nel seguire indirizzi terapeutici figli di singoli filoni storici della Psicologia, sia nel considerare la salute mentale come unico obiettivo del loro lavoro con i cosiddetti “pazienti”. Ed è anche da tempo che un professionista dell’aiuto come lo Psicologo si muove sempre più nell’alveo di una “ Psicologia integrata”, ovvero di un modello concettuale in cui le teorie vengono messe a confronto soppesandone i presupposti epistemologici, l’efficacia date le specifiche condizioni e i livelli di sofferenza psichica di chi chiede aiuto. Ma c’è di più : oltre a questo, lo Psicologo tende ad ampliare il proprio intervento sulla base del riconoscimento innegabile della relazione tra salute mentale e benessere psicofisico. In realtà quando si parla di salute mentale e di patologie e disturbi psichici si dimentica che la separazione tra salute mentale, sviluppo personale, livelli di consapevolezza e sviluppo transpersonale è del tutto artificiosa. Essa si basa su modelli scientifici pre-quantistici, in cui la settorialità eccessiva dell’approccio spesso è alla base di un’alleanza terapeutica debole, che diventa talvolta  provvisoria e deludente nei risultati. Oserei dire, anche potenzialmente dannosa per l’integrità dell’essere che chiede aiuto.

   E’ una necessità non rinviabile quella di ri-coniugare il “verbo psicologico” con scoperte e metodi di campi della ricerca in cui la sola specializzazione può tradursi, quindi, in un limite epistemologico, tanto più se si articola soltanto come talk-therapy rivolta ad un individuo. Nessuno Psicologo oggi, tanto per fare un esempio, dopo l’exploit dell’approccio Sistemico-relazionale e della Psicanalisi Transgenerazionale può deontologicamente illudersi di aiutare una persona con disturbi psicologici senza tener conto “operativamente” dei suoi vari sistemi di appartenenza,  della stratificazione delle loro memorie ( inconscio gruppale)  in cui la persona è immersa a sua insaputa ancor prima di essere concepita, e delle inevitabili interrelazioni di  tutto questo  con la salute e il benessere personale del cliente/paziente. A livello sub-sistemico percepibile dall’individuo, poi, tra processi emotivi, cognitivi, comunicativi, relazionali e relativi agli stati di coscienza ci sono altrettante interdipendenze sistemiche acclarate dalle quali può scaturire il dolore psichico evidentemente non abbordabile efficacemente solo su basi one to one. Tali interdipendenze riguardano non solo il percepito di emozioni–pensieri-comportamenti cronicamente disfunzionali, ma anche processi autonomici come scompensi ormonali, respiratori, corazze muscolari e persino malocclusioni dentali, per esempio, che vengono delegati alla sola Medicina senza uno sguardo  alla complessità intra e inter-sistemica rispetto a cui l’approccio Psico-somatico si rivela  utile, ma insufficiente a dare risposte al tipo e ai livelli dei bisogni di aiuto  di cui la persona è portatrice.

     Ogni approccio emerso nell’ambito della Psicologia – che è una scienza giovane (si è affermata solo alla fine del 1800) – ha centrato finora la teoria e la pratica di intervento su “alcuni” dei fattori che portano alla sofferenza mentale, mantenendo fondamentalmente e implicitamente un paradigma riduzionistico e meccanicistico. Questo avviene anche nel campo della Medicina. Ciò vuol dire che  il paradigma dominante  nelle varie scienze si basa sulla divisione, la scomposizione, l’analisi piuttosto che anche la ricomposizione, la sintesi, il riconoscimento della multidimensionalità dell’essere umano portatore di sintomi e sofferenza, propia e non propria. La Psicologia cosiddetta Integrata, pur mettendo meritoriamente nel paniere elementi di Bioenergetica, Strategica, Relazionale, Dinamica… – una vera e propria eresia per gli integralisti della Scuola di formazione prescelta ! – attualmente non sempre sfugge del tutto a questo peccato originale del riduzionismo. Ed è per questo che nel XXI secolo non basta più la Psicologia integrata. Occorre un vero e proprio modello olistico anche in Psicologia, come in Medicina e nel campo della ricerca in generale. La novità  e le possiblità che apre il modello olistico che è emerso da non molto  è nel fatto che, in corrispondenza con le scoperte della “fisica quantistica“, lo stesso processo psicologico può essere soggetto al principio di complementarità e a quello di indeterminazione: ovvero può essere due cose valide entrambe a livelli diversi.

      I semi di un approccio olistico in Psicologia sono stai già piantati da Lewin, Maslow, Reich, Lowen, Rogers, Berne, Grof, Stone, Naranjo, per fare i nomi solo dei più conosciuti che hanno esplorato campi inusuali della Psicologia e hanno dato contributi di notevole valore all’intervento in Psicoterapia. Manca ancora, o almeno suona strana all’orecchio accademico e alla legislazione vigente, una concezione olistica in cui nella Psicologia convergano anche campi confinanti – come la biologia, la sociologia, l’approccio transgenerazionale e altro – e apparentemente meno confinanti come le Neuroscienze, il Caos, i frattali, la PNEI…. Manca soprattutto una visione della vita e dell’essere umano accompagnati da strumenti operativi che nel corso dei millenni sono stati elaborati dalle tradizioni orientali indo-tibetane, dalla tradizione sciamanica e dai moderni studi sugli stati modificati di coscienza. Tutti strumenti che si basano sul cambiamento di percezione come via di crescita e di guarigione, cosa che non coincide con la semplice scomparsa di un sintomo, sia esso fisico che mentale.

      In definitiva il terreno è fertile per porre fine all’esilio delle parti dell’essere umano che non sono state ritenute componenti essenziali dellapsiche”. L’anima – perché questo dice etimologicamente la parola psiche di cui si occupa la psico-logianon è certo soltanto la personalità più o meno frammentata in sub-personalità e stati dell’Io in cui si annidano sacche di identificazioni e di traumi fissati nel tempo che continuano a fluttuare in una discontinuità di cui la persona non si rende conto, pur vivendola e subendola in ogni istante. L’anima è non solo una realtà individuale, m anche una dimensione transpersonale, altrimenti detta spirituale. Le esperienze di estasi, il contatto diretto con le forze archetipiche della natura, la coscienza cosmica e gli stati modificati di coscienza che ne sono alla base – gli sciamani parlano della “seconda attenzione” come mezzo per percepire questa dimensione dell’essere e della realtà – possono parlarci di un essere vivente che è un tutto (olos) in un Tutto : insomma un ologramma che solo lo strascico dell’analisi scientifica pre-quantistica che si trascina ancora pesantemente sul sezionamento  di ciò che è indivisibile può irresponsabilmente ignorare, attestandosi su un modello affermatosi col Positivismo che pretende di scomporre in laboratorio l’essere unico …, senza poi riuscire a ricomporlo.

      La consapevolezza dei vari livelli di cui è costituito l’essere umano si raggiunge non solo con l’analisi (il sezionamento), ma anche con l’esperienza dei vari corpi e lo sviluppo del che ha molte più dimensioni di quante distillate nel laboratorio accademico che parla semplicemente di Mente. E’ un che travalica le dimensioni biografiche che certamente incidono sullo sviluppo della personalità, un Sé che Jung identifica come un centro regolatore superiore archetipico che contiene passato, presente e futuro, maschile e femminile, bene e male, luce e ombra, intrinsecamente partecipe di una realtà universale che l’Io della Psicologia ”psicologica” non riesce nemmeno a concepire. E’ un continuum in cui, secondo Assagioli, l’Io è un Sé personale che si indentifica con i suoi contenuti istintivi e mentali, mentre il Sé transpersonale è quello che si percepisce come goccia olografica di un mare che compone e di cui si compone, che sembra avere una sussistenza al di là dei fenomeni biologici e psichici,  un Sè che nella tradizione mistica non nasce, non muore, non viene distrutto con la morte fisica, che è oltre la dualità,  è altro dalla somma di intelligenza mentale e intelligenza emotiva, è il Divino annidato in ogni molecola esistente. La Psicologia  rimane poca cosa se non riconosce e coltiva anche questa sottostante dimensione spirituale.

 

Psicoterapia olistica e Counseling Psicologico

      Non è difficile immaginare che condurre un trattamento di Psicoterapia olistica basato sulle premesse a cui si è accennato non è fare , oltre alla Psicoterapia scientifica, anche “coaching”, “mentoring” o “counseling olistico”, attività che rientrano da noi nelle relazioni di aiuto orientate allo sviluppo personale e al benessere del cliente, attività regolamentate dalla recente Legge n.4/2013 che non richiedono una formazione accademica. La Psicoterapia olistica è un lavoro terapeutico esercitato da uno Psicologo che ha seguito una formazione accademica di almeno 5 anni nella Facoltà di Psicologia, ha svolto un tirocinio post-lauream di un anno e ha conseguito l’Abilitazione all’esercizio della professione di Psicologo (è quindi iscritto all’Albo professionale), successivamente si è specializzato come Psicoterapeuta in almeno uno degli indirizzi quadriennali riconosciuti dal MIUR e, inoltre, ha effettuato un apprendistato di Discipline e tecniche olistiche che seleziona ed utilizza come le più adatte al livello del cliente e alla fase in cui  si trova chi si rivolge a lui.

      In realtà si tratta di un ampliamento e, quando lo Psicoterapeuta lo valuta di valore euristico-curativo, anche di uno spostamento del centro di gravità e dei livelli del trattamento legati ad un cambiamento di parametro o paradigma, come accennato sopra. In questo ambito lo Psicoterapeuta olistico ha la forma mentis e gli strumenti per integrare, all’uopo, il livello della Psicoterapia, che rispetto al paziente è in una posizione a-simmetrica, con quello del Counseling psicologico [Psicoterapia e Counseling psicologico sono regolamentate dalla Legge n.56/1989]. In questo secondo caso quella che si instaura e sviluppa è una relazione simmetrica-collaborativa-educazionale, cioè paritaria con un cliente in un contesto che è clinico solo in senso lato, ovvero in assenza di aspetti patologici richiedenti una diagnosi e un trattamento psicoterapeutico o psichiatrico da manuale. Il cliente viene ascoltato, sostenuto, orientato a sviluppare atteggiamenti attivi e propositivi di fronte ad una crisi, ad una decisione difficile da prendere, ad una relazione affettiva che richiede sviluppo di adeguate capacità comunicative e di gestione di emozioni, pensieri e conflitti. Nel caso del Counseling psicologico rivolto sia ad individui che a gruppi di persone possono essere proficuamente proposte – tra l’altro – attività e training di prevenzione/gestione dello stress, di assertività, di riabilitazione psicologica e di psicoeducazione, ma anche esperienze di gruppo basate sull’osservazione-sperimentazione di dinamiche sistemiche transgenerazionali che agiscono ad insaputa del richiedente nel campo morfogenetico di cui fa parte.

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