VIAGGIO dell’EROE

C’è una candela nel tuo cuore, pronta per essere accesa.

C’è un vuoto nella tua anima, pronto per essere riempito.

Lo senti, vero? –  Rumi

 

Per chi è immerso naturalmente nella cultura del “benessere materiale” dell’Occidente non è difficile – nei momenti di crisi – fare l’amara scoperta che siamo in molti in qualche modo rassegnati a fare vite che seguono dei clichè prevedibili, nei quali ci vuole poco per assuefarsi impercettibilmente a diventare sordi alle voci interiori. Tante sono le distrazioni e la superficialità “normale” a cui è facile indulgere, con tutto il corredo di solitudine reale e di problemi di natura nevrotica personale e relazionale che i più tentano di rimuovere. Per lo più si finisce per affidarsi in modo prioritario – se non esclusivo – all’onnipotenza dei farmaci o alle forme più o meno tuttofare di self-help, di empowerment e di pensiero positivo, di spiritualitàà la carte” di improvvisati guru che spuntano ogni giorno sulla rete e sentenziano su “la ricetta”.

Senza sottovalutare il ruolo delle credenze religiose proclamate e vissute spesso con passività e sottomissione al dogmatismo indiscusso, molti di noi si ritrovano sprovvisti degli strumenti basilari di qualcosa che non viene insegnato nei luoghi dell’accudimento e della crescita: l’amore verso se stessi e il rispetto di sé, inteso come il prendersi cura di tutto il proprio essere, a livello fisico, emotivo, mentale e spirituale.

Non è una misura di salute essere ben adattati a una società                      profondamente malata. – Jiddu Krishnamurti

Il lavoro interiore, che aiuta a scoprire amore e rispetto di sé e di consolidarli per tutta la vita, non ha nulla a che fare con “egoismo”, “autoindulgenza” o “narcisismo”, ma spesso è il primo passo verso quello che possiamo definire un risveglio spirituale. Perché, senza la coscienza dei propri regni nascosti alla coscienza di veglia nei quali si nascondono paure, blocchi, ferite e traumi irrisolti, è difficile arrivare a comprenderli, a sviluppare compassione per se stessi, a smettere di auto-sabotarsi, a sfuggire alle trappole delle voci delle sub-personalità della mente, e – a livello professionale – a potersi occupare degli altri in modo genuino ed efficace.  

E’ come se ci ritrovassimo tra i tanti che smarriscono periodicamente la strada del contatto col proprio “centro”, la propria Anima e la strada maestra nella sperimentazione personale dell’unione col Divino. Non è tanto e solo un fenomeno di smarrimento e perdita personale, quanto piuttosto quella che gli sciamani definiscono una perdita collettiva dell’Anima.

I mistici indù chiamano questo percorso di amore e rispetto di sé il Bhakti Yoga: quando siamo dediti ad amare l’essenza divina dentro di noi, tutte le nostre conoscenze e pratiche assumono una qualità più significativa e alchemicamente trasformativa.

I popoli indigeni di tutto il mondo hanno sempre saputo – senza dover frequentare “scuole” di Meditazione alla moda o corsi universitari di Filosofia, di Fisica Quantistica o di Cosmologia – che per esplorare la nostra essenza, dobbiamo fare un viaggio spirituale nelle terre sconosciute dentro di noi.

 Questi viaggi il mitologo Joseph Campbell li descrisse come frutto della forza di vere e proprie “Chiamate all’Avventura“. Tutti noi iniziamo i nostri viaggi di risveglio seguendo una spinta viscerale, profonda. A volte questa assume la forma una voce silenziosa ma persistente che intuitivamente ci sollecita a porci delle domande: “Qualcosa non va”, “Ci deve essere di più”, “Qual è lo scopo della mia vita?”, “Perché sto soffrendo?”, “Perché a me è toccato un nido vuoto ?”, “Come posso scrollarmi di dosso il peso per come è andata la mia vita?”.

Per qualcuno la chiamata arriva dopo una crisi o una situazione traumatica a livello fisico, emotivo o mentale, una condizione in cui ci si sente come se il proprio percorso attuale avesse raggiunto un vicolo cieco. Spesso, infatti, i nostri viaggi iniziano proprio quando sperimentiamo un lutto che ci travolge, una straziante notte oscura dell’anima o il disorientamento inaspettato di un incomprensibile risveglio.

Sebbene le persone facciano qualsiasi cosa, non importa quanto assurda, per evitare di affrontare la propria Anima, questa chiamata è qualcosa che tutti noi sperimentiamo almeno una volta nella vita.

 L’avventura del Viaggio è una ricerca personale che molti sentono il bisogno di intraprendere per riconnettersi con il proprio Sé, trovare l’autentico scopo di vita e tornare al Centro del proprio essere. Il Viaggio indica la progressione naturale di una persona mentre cresce nella comprensione di se stesso, del mondo e della Divinità, intendendo con quest’ultima come un senso e un bisogno di connessione a qualcosa di più grande del sé psichico o ego, la personalità che si è costruita nel tempo, quindi impermanente e limitato dalla dualità. Questa ricerca è un “viaggio“mai definitivamente compiuto, un processo circolare che dura tutta la vita e che Jung definisce come il processo di individuazione.

Non c’è bisogno di essere mistici, sciamani e saggi per muovere i passi opportuni lungo un sentiero che a molti di noi può apparire desueto o inattingibile quando ci smarriamo negli ingranaggi della dis-integrazione delle società dei consumi. Ma certamente questo sentiero richiede coraggio, onestà radicale e la volontà di lasciare andare tutto ciò che non siamo.

Le tradizioni sciamaniche millenarie parlano di tre mondi che possiamo sperimentare nella vita: per gli Andini essi sono il Mondo Superiore (Hanaq Pacha), il Mondo di Mezzo (Kay Pacha) e il Mondo Inferiore alias l’Oltretomba (Ukhu Pacha), rispettivamente la casa dello Spirito, la casa del corpo fisico e dell’ego umano, infine la casa delle Anime.

In molte tradizioni di Psicologia Spirituale e nelle Mitologie, questi tre mondi corrispondono ai diversi regni del Sé.  

Nel per-corso del Viaggio, mentre ci facciamo domande scomode su noi stessi e sul senso della vita, scopriamo sistematicamente che, in realtà, quando siamo costretti ad osare, siamo tutti in grado di creare vite profondamente significative, mistiche e appaganti. Attraverso il Viaggio – una vera impresa “eroica”- diventiamo sempre più capaci di trovare la nostra vera chiamata e il nostro destino personale.

Non accontentarti delle storie, di come sono andate le cose agli altri.                                                   Lascia che si dipani il tuo mito. ~ Rumi

Cos’è il Viaggio dell’Eroe?

Joseph Campbell, studioso dei miti, ha ricercato le somiglianze tra i miti tramandati da popolazioni molto lontane tra di loro ed è arrivato a scoprire quello che ha chiamato il monomito. Si tratta di una struttura della storia universale, una specie di modello di storia che guida e ispira un personaggio – l’EROE – attraverso una sequenza di fasi tipiche del suo Viaggio.

L’Eroe non è una persona, ma un Archetipo, un insieme di immagini universali presenti in ciascuno di noi e che si manifestano in specifici modelli di comportamento.

Gli Archetipi, secondo Jung, sono le forme e i modelli più profondi della psiche. Essi esprimono modi di pensiero primordiali inerenti alla struttura evolutiva del cervello umano, derivati dai livelli più basilari dell‘inconscio collettivo, al di là di esperienze personali, e collegati alle energie istintive condivise da ogni membro della nostra specie.

L’ Archetipo dell’Eroe – dalle mille facce come lo definisce Campbell – risiede dunque nella psiche di ogni individuo. Tra l’altro, il ricercatore ha notato la presenza dello stesso tema in molte religioni e nelle “storie” che esse tramandano, come quella di Gautama Buddha, Mosè e Gesù Cristo

 

Perché il Viaggio dell’Eroe è rilevante per il per-corso che proponiamo?

Il mito, per Campbell e Jung, aveva ed ha un significato molto profondo: rappresenta i sogni della psiche collettiva. Sicché, comprendere il significato simbolico di un mito e qual è quello che stiamo impersonando permette di arrivare a conoscere le tendenze psicologiche coscienti ed evidenti, ma anche le motivazioni nascoste (l’Ombra), le tensioni conflittuali e i desideri che agiscono in ogni essere umano fin dalla notte dei tempi.  I potenti pattern delle forze contrapposte e bi-polari degli Archetipi (Luce e Ombra) dell’Inconscio Collettivo non sono affatto scomparsi con la modernità e la società dei consumi, anzi essi continuano ad agire spontaneamente negli individui e inoltre vengono continuamente sollecitati – in modo analogico –nella comunicazione dei personaggi del mondo socio-politico, dello spettacolo e dei mass media e con le finalità più diverse.

Il risveglio è un infinito perdere ciò che credi di conoscere, è come un’onda di distruzione che lascia solo la verità.

Poiché il Viaggio dell’Eroe rappresenta un monomito che possiamo osservare nella maggior parte delle culture, esso rappresenta in realtà un processo rilevante per l’intera famiglia umana.

L’archetipo dell’Eroe/Eroina che scopre la sua vera natura spirituale risale a migliaia di anni fa. I Greci raccontavano la storia di Orfeo che discese negli inferi per salvare la sua sposa Euridice dall’Ade. Il popolo nordico aveva il suo eroe-guerriero Beowulf, e i Sumeri scrissero di Inanna figlia di An, dio del Cielo, che combatté negli Inferi contro la sorella Ereshkigal, signora del gran luogo inferiore, il mondo “oscuro”. La sorella, dunque, come rappresentazione della sua ombra, il suo complemento: insieme le due dee formano il la natura bi-polare della totalità del femminile archetipico.

Nel corso della Storia, ci sono state così tante storie di individui che hanno lottato attraverso le difficoltà per trovare se stessi. Essenzialmente, questi eroi simboleggiano i nostri viaggi spirituali: lasciare tutto ciò che è familiare alle spalle, entrare nell’ignoto, incontrare numerosi “mostri” inconsci e infine tornare a casa con un senso di rinnovata realizzazione e saggezza.

Il processo del Viaggio è, in definitiva, un per-corso, un lavoro interiore di conoscenze e pratiche di trasformazione personale dal Bambino Innocente (archetipo) ad Adulto maturo e consapevole della multidimensionalità del proprio essere. Ciò richiede un impegno deliberato che può trasformare il dolore in potere con un processo di vera e propria alchimia.

Questo è il senso di un continuum, del filo sotteso alle varie sezioni dell’itinerario che si proponeIl nostro Viaggio si nutre delle risorse sia della Psicologia che della Spiritualità, con la consapevolezza che nessuno di questi due campi è taumaturgico e sfugge di per sé ai rischi di materialismo, di narcisismo, del complesso di superiorità, di positività disfunzionale, di negazione, di disconnessione, di ri-traumatizzazione, persino di abuso vero e proprio. Poiché l’ego si traveste – ogni volta che può – in modo da poter controllare la nostra ricerca.

E’ la ragione per cui l’obiettivo alchemico richiede l’immersione consapevole in un processo di trasformazione personale da parte di chiunque lavori per se stesso e, a maggior ragione, di chiunque sia dedicato professionalmente ad un lavoro di aiuto.

Quando la Psicologia manca di Spiritualità può manifestarsi settoriale e sterile, persino egocentrica.

Sì, certo, chi riceve un aiuto psicologico può diventare un membro più funzionale della società, ma…. cosa c’entra con la totalità del nostro essere?

D’altro canto, qualsiasi percorso puramenteSpirituale“- basato cioè su strade che si concentrano esclusivamente sulle parti metafisiche e trascendenti di noi stessi/della vita, sulla meditazione e altre pratiche – pur fornendo pregevoli strumenti di consapevolezza, da solo non è sufficiente.

Certamente la Psicologia si concentra sulla verità personale, sul significato e sui problemi, mentre la Spiritualità si concentra sulla verità impersonale e assoluta e su una realizzazione diretta del Divino.

                      Entrambe possono e devono andare di pari passo.

La realizzazione di per sé non trasforma necessariamente l’essere nel suo insieme … Si può avere un po’ di luce al vertice spirituale della coscienza, ma le parti sottostanti rimangono quelle che erano.- Sri Aurobindo

 

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