Traumi personali e genealogici
Nella vita accade di frequente di andare incontro ad esperienze che sfidano le abituali capacità di risposta agli eventi e producono effetti psico-somatici che possono esitare in un adattamento più evoluto oppure portare la persona a sopravvivere con delle limitazioni per il danno che ha subito. Stiamo parlando dello stress, ovvero del cambiamento fisico e/o psichico come risposta ad uno stimolo esterno o interno. In generale la risposta di chi si trova in una situazione stressante è caratterizzata da un’iniziale reazione di allarme per prepararsi a reagire, seguita da una fase di resistenza e da un tentativo di adattamento per riconquistare un equilibrio che gli permetta la ripresa delle normali attività di vita. Se l’adattamento non è possibile, perché si è superata la soglia critica e lo stress perdura, la persona coinvolta risulta danneggiata così da aver esaurito le risposte adattive : appare senza energia, ha difficoltà a concentrarsi e a ricordare, accusa vari problemi digestivi, non riesce a riposare, è molto irritabile e può avere veri e propri attacchi di panico, oltre alla ipertensione, la tendenza ad ammalarsi e disturbi nell’efficienza in vari settori della vita.
Gli eventi più frequenti che possono causare stress sono : un esame difficile a cui viene attribuita un’importanza vitale, un divorzio, l’essere vittime di – o anche soltanto assistere a – una rapina, la devastazione della casa ad opera di ladri, un incidente d’auto all’uscita dalla discoteca, un aborto senza anestesia perché l’anestesista è obiettore di coscienza, un periodo di collegio intollerabile da cui un un ragazzo prova a scappare di continuo per ritrovare accoglienza nella tua famiglia, un’incuria da parte dei genitori che non assicurano nemmeno il cibo e i vestiti, una forma di abuso verbale, fisico o sessuale occasionale o ripetuto, un rapimento, un lutto a cui non si riesce a rassegnarsi, una diagnosi di cancro in cui il medico sentenzia che il soggetto ha solo pochi giorni o mesi di vita , la notizia di un decesso o di una malattia inguaribile che ha colpito una persona cara. Tutto questo riguarda una esperienza individuale, ma un settore che si è imposto all’attenzione degli studiosi per i disastrosi effetti riguardanti non solo i singoli, bensì grandi gruppi, ovvero intere popolazioni coinvolte, è quello dei disastri collettivi : essere colpiti o imprigionati violentemente durante manifestazioni come il G 8, trovarsi sulle Torri gemelle l’11 settembre o nel mezzo di altri attentati terroristici, combattere l’avversario con armi impensabili mezzo secolo fa, fare esperienza di campi di sterminio, di torture, di prigione, di carestia, di inondazioni, di terremoto, di tsunami, di uragani o incendi, per nominare i più frequenti.
Tutte queste ed altre esperienze che mettono a repentaglio il senso di sé, della propria continuità e della propria capacità di affrontare perdite di vario tipo possono trasformarsi non solo in stress che toglie vitalità, ma anche in veri e propri traumi, e possono stravolgere non solo chi ne è vittima,ma anche i soccorritori (poliziotti ,medici, infermieri, vigili del fuoco, professionisti e volontari..) nel caso di emergenze sociali o naturali. Esse sono, cioè, potenzialmente traumatiche.
Ciò vuol dire che, nonostante la situazione sia stressante nell’immediato, e sia più o meno protratta, non necessariamente si traducono in tutte le persone coinvolte in vero e proprio trauma, ovvero in sintomi e sindromi molto definiti che durano tempi imprevedibili e si strutturano anche a distanza di tempo rispetto al fuoco dell’evento. Se immaginiamo il numero di persone che, a livello mondiale è coinvolto in alcune delle esperienze stressanti potenzialmente traumatizzanti, solo una percentuale modesta di esse sviluppa sintomi veramente importanti, di difficile, complesso e, comunque, lungo trattamento. Si parla dell’8% di uomini e del 20% di donne secondo una ricerca americana di quasi vent’anni fa. Nelle donne circa il 50% sviluppa sintomi per molestie sessuali o stupro. I dati che riguardano la popolazione a rischio sono molto più ampi e si estendono fino al 58 %, a seconda del criterio con cui il disturbo viene classificato. Una esperienza stressante diventa un trauma quando non è elaborabile dalla nostra mente : si vive un’esperienza terribile che è inaspettata, a cui non si a cui non si può dare alcuna risposta, in cui non si ha la possibilità di fuggire, e che provoca un danno percepito come irreversibile.
La disaggregazione, per dirla con Janet, è totale : la persona, dopo una fase acuta, si attesta su un vissuto in cui l’esperienza più destabilizzante è qualcosa di mortale, di fronte a cui l’angoscia non ha alcunché di raccontabile, perché il vissuto passa attraverso engrammi mentali praticamente indimenticabili (vi è coinvolta l’amigdala) e un’attivazione del corpo in cui l’inferno è sempre vivo. Molti vivono l’esperienza del trauma come se fossero sopravvissuti : non saranno mai altro, “dopo”. L’angoscia che viene trattenuta dietro all’ansia-segnale è un vero e proprio incontro con la morte, una continua minaccia di nullificazione. E ciò fa comprendere perché i meccanismi psicologici messi in atto in condizioni del genere sono i più primitivi e totalizzanti : negazione, scissione, dissociazione, annullamento, identificazione proiettiva. La mente, in condizioni normali, elabora il dolore, e impiega tempo a riadattarsi attraverso la verbalizzazione, i sogni, i comportamenti di isolamento etc, fino a quando tutto è “passato” e diventa solo un brutto ricordo; quando invece percepisce l’evento come trauma si blocca, non va avanti, non trasforma, non evolve. La persona, suo malgrado, è fuori controllo, è come se perdesse la stabilità e la continuità psichica e fisica : i sintomi invadono la sua vita e lei ne è come prigioniera come se il trauma si ripetesse ad ogni momento. Non c’è l’esaurimento delle risposte, come avviene per lo stress, ma una riattivazione della situazione drammatica che parte in automatico. La psiche del soggetto diventa essa stessa auto-traumatizzante, trascinata in un circuito auto-riverberante in cui, nel tentativo di uscire da una ferita indicibile, si auto-ferisce, come avviene con l’impazzimento del sistema immunitario quando scatena malattie autoimmuni. E’ una condizione in cui, paradossalmente, ogni lavoro terapeutico viene vissuto come un ulteriore pericolo di ri-traumatizzazione che coinvolge il corpo e la psiche del soggetto.
I disturbi più frequenti che si possono sviluppare dopo un’esperienza traumatica sono :il Disturbo Post- traumatico da stress, il Disturbo acuto da stress, il Disturbo Psicotico breve, il Disturbo dell’Adattamento, il Disturbo da Ansia di Separazione.
Tra i sintomi che si sviluppano, alcuni compaiono a ridosso dell’esperienza, altri a distanza di qualche mese. Senza entrare nelle differenze tra i vari quadri sindromici descritti dal DSM-IV-TR, basti ricordare che essi che si possono sviluppare in tempi diversi e si trasformano nel tempo. I sintomi più invalidanti per chi ne è affetto sono : ricordi spiacevoli ed intrusivi dell’evento, episodi dissociativi di flashback, reattività fisiologica ad eventi che assomigliano anche simbolicamente a quello traumatico, incapacità di ricordare aspetti importanti del trauma, sforzi per evitare tutto ciò che porterebbe a contatto con il ricordo dell’esperienza, affettività ridotta, irritabilità, ipervigilanza con conseguente difficoltà a concentrarsi o ad addormentarsi, sintomi dissociativi come insensibilità, distacco o assenza di reattività emozionale, derealizzazione, depersonalizzazione, sogni angosciosi, deliri e allucinazioni con eloquio improvvisamente disorganizzato. Correlati ad esperienze traumatiche sono anche vari tipi di Disturbi sessuali e dell’Identità di genere, Disturbi dell’Alimentazione, di Personalità (borderline), dell’Umore, Disturbi dissociativi (personalità multipla, fuga dissociativa..), Abuso di sostanze, Dissociazione somatoforme, (soprattutto come patologia del legame di attaccamento). Non sono infrequenti sintomi dissociativi specie quando è stato coinvolto il corpo, per ferite o contatto fisico con altri individui, e la tendenza a comportamenti auto-lesionistici.
I fattori coinvolti nel possibile esito traumatico di un’esperienza di stress hanno un’importanza fondamentale per gli effetti patologici e riguardano la natura dell’evento, la sua durata, le caratteristiche della vittima (età, esposizione precedente ad esperienze traumatizzanti..), le risposte soggettive all’evento, i disturbi psichici più o meno latenti precedenti al trauma, il supporto o le risorse sociali disponibili, infine un fattore interpersonale di rilievo, cioè “la storia di attaccamento“ alla figura di accudimento con relativi Modelli Operativi Interni (attaccamento insicuro-evitante, sicuro, insicuro-ambivalente, disorganizzato o disorientato).