Stati modificati di coscienza, trance, ipnosi

 

Stati modificati di coscienza, trance, ipnosi

La ricerca sul funzionamento della coscienza evidenzia che essa non è un fenomeno unico e monolitico e, inoltre, occupa una parte limitata della nostra attività mentale, la quale si svolge prevalentemente fuori dal dominio della coscienza. E’ solo la punta di un iceberg : ci permette di esercitare un controllo deliberato sulle attività che sono in esecuzione al momento, e di comunicare i nostri stati mentali agli altri. In realtà noi riusciamo a badare coscientemente soltanto ad una piccola quantità degli stimoli che ci arrivano di continuo. Hilgard sostiene, in proposito, che la coscienza è costituita da “una molteplicità di sistemi di controllo gerarchizzati, dotati di una ben definita mobilità e fluidità, coordinati da un Ego-executive”, e aggiunge che “nella transizione da un sistema di controllo ad un altro si verifica uno stato di trance, spontaneo o indotto, in cui viene ridotta la dominanza dell’ Ego-executive”.

   Come ci accorgiamo di questo slittamento? Possiamo verificare che sperimentiamo uno stato di trance ogni volta che passiamo da uno stato di coscienza ordinario, per noi in un determinato tempo, ad un altro stato, diverso, che chiamiamo stato modificato di coscienza. Ciò avviene in modo naturale, è una comune esperienza quotidiana. E non include niente di patologico.                                                                                               Gli stati fondamentali di coscienza sono considerati tre : veglia – sonno – stati ipnoidi; ad essi si aggiungono stati di transizione (stati ipnagogici e ipnopompici, tipici di entrata-uscita dal sonno), ovvero stati alterati prodotti dalle droghe o allucinazioni specifiche di alcune condizioni psico-patologiche. Tutti noi siamo in uno di questi stati modificati, da svegli e senza nemmeno saperlo, quando uno spettacolo televisivo assorbe la nostra attenzione e nient’altro riesce a distrarci : scivoliamo impercettibilmente in uno stato di così alta suggestibilità che la parte conscia e critica della nostra mente si trova improvvisamente ad essere bypassata e ci accade di sperimentare gli effetti delle suggestioni di tristezza, di paura, di disgusto mentre le lacrime scorrono sulle nostre guance, un nodo ci attanaglia la gola, o ci vediamo costretti a voltare la testa per non vedere. Senza averlo deciso, cioè, ci siamo identificati col personaggio attraverso i cui occhi il regista ci fa vivere una storia che evoca la nostra tristezza, per esempio. La mente raziocinante lo sa che è una “fiction”, nondimeno il nostro cervello emotivo accetta la situazione come reale e reagisce come se fossimo noi i protagonisti della storia sullo schermo. Altrettanto normale e frequente è l’esperienza fatta da molti guidatori quando percorrono in auto una strada ben nota in un momento in cui non si verificano eventi richiedenti una completa attenzione cosciente. L’automobile va da sé, come guidata da un “pilota automatico”:                                       – la mente lavora contemporaneamente su un piano che va sullo sfondo, dove lavora in modo appunto automatico, e ci permette di arrivare sani e salvi a casa;                                                                                             – nello stesso tempo lavora su un primo piano che viene percepito come l’unica realtà perché tutta l’attenzione vi è focalizzata in modo intenso ed esclusivo. Può trattarsi di un’idea, un ricordo, un progetto (il sogno ad occhi aperti), una cosa che preoccupa il guidatore e che oscura tutto il resto. In realtà tutto ciò che occorre fare per rispondere alle normali esigenze della guida è disponibile e innesca i comportamenti automatici necessari, ma questo lavorio sfugge alla coscienza e si svolge in sottofondo. Alla fine, semplicemente, non ci si ricorda “come” si è arrivati a casa. A pensarci, dopo, sembra impossibile che ci si è fermati ai vari semafori, si sono cambiate le marce, si è dato uno sguardo ai negozi all’ ingresso in città, si è adocchiato e scelto un posto per parcheggiare vicino casa…. e così via. Sembra impossibile, eppure ciò è avvenuto.                                                In questo stato di ”focalizzazione ristretta” – rivolta all’esterno, come è il caso di un film, un libro, un compito impegnativo, o rivolta all’interno, come è il caso di un pensiero o un’immagine – occorre uno stimolo forte per “risvegliarci” e riportarci coi piedi per terra, per così dire. Se gli stimoli sono di bassa intensità, possono rimanere sullo sfondo, a nostra insaputa, ma continuare ad agire comunque sulla nostra mente.

Queste sono comuni esperienze in cui la trance si sviluppa da sé e noi ci riadattiamo con una certa fluidità al ritorno al normale stato di coscienza. Ma ci sono anche situazioni in cui gli effetti di questo straniamento sono più vistosi e duraturi e lasciano tracce più incisive: è il caso dell’ innamoramento, della tensione o estasi mistica, dello stato ipnagogico (tra la veglia e il sonno), delle esperienze di pre-morte, della morte mistica, del sogno lucido, dell’intossicazione da farmaci (allucinogeni), della tensione dell’artista o dello scienziato quando riesce a dare forma ad un’idea che si è come impadronita di lui, o, ancora, di attività estreme (alpinismo, ricerca subacquea, lanci da paracadute, parapendio….), di deprivazione sensoriale, o di traumi intensi e inaspettati. In questi casi, talvolta, si verifica anche un vero e proprio salto di coscienza, in cui si sperimenta una sostanziale modificazione della percezione di sé e del mondo circostante: queste esperienze “speciali” possono essere legate alla parziale ma sensibile dissociazione psichica dell’Io (visioni, esperienze rigenerative, uscite dal corpo con autoscopia e simili), esperienze che possono anche andar soggette ad amnesia e sembrano poggiare su meccanismi arcaici di cui il nostro cervello dispone per assicurarci la sopravvivenza.                                                                Non si sa bene dove ci catapulta un salto di coscienza del genere. E’ una dilatazione della coscienza? E’ un affacciarsi ad una soglia che la nostra fisicità non può cogliere e tanto meno oltrepassare? E’ una coscienza arcaica allo stato puro, antecedente ai nostri condizionamenti sociali? E’ difficile dirlo, specie se riteniamo che il metodo di osservazione scientifico sia l’unico che ci permette di conoscere i fenomeni. Certo è che alcune di queste esperienze sono ineffabili, e chi le fa, ne rimane segnato e trasformato.                         A tal proposito le tradizioni mistiche e contemplative sostengono, difatti, che i nostri abituali stati di coscienza sono molto limitati e che, con l’allenamento è possibile accedere a stati superiori, tra cui sembrano rientrare alcune esperienze a cui si è appena accennato sopra. Ma anche senza andare così lontano, possiamo accettare che uno stato modificato di coscienza o trance non è sonno, né una condizione patologica, quale che sia lo stimolo o la condizione che lo inneschi; si tratta di una condizione fisiologica dell’organismo che si può esperire varie volte nella vita.

D’altro canto non si può ignorare che ciò che nel mondo occidentale chiamiamo coscienza ordinaria, viene definita da Charles Tart, uno studioso noto nel settore, niente di più di una “trance consensuale”. Quando siamo in uno stato che tutti consideriamo ordinario di coscienza, è come se fossimo intrappolati in un dialogo interiore che crea un grande sogno collettivo, una grande illusione che condividiamo con tutti, ma rimane pur sempre ciò che gli orientali chiamano “Maya”, illusione. Per noi tutti la coscienza ordinaria è un assunto che ci permette di muoverci nel nostro ambiente e di condividerne le premesse emotive, religiose, politiche.

Tutto l’ ”universo ordinato” in cui ci ritroviamo è, in questo senso, una trance, che ci toglie l’ansia di vivere nel caos di dover settare e testare ogni volta il mondo intorno a noi.

La stessa socializzazione consiste in un processo che pone le persone in una trance che può durare tutta la vita. Nessuno di noi, in condizioni normali di mente, va in giro in città nudo, proprio per effetto di questa socializzazione: si tratta delle coordinate in cui ci riconosciamo, della cultura e dei valori che ci appaiono reali e naturali, fin da quando tale processo comincia, ovvero dall’interazione con i genitori, e prosegue poi con l’educazione religiosa e scolastica, l’università e il setting lavorativo. Senza queste trance di lungo termine, la nostra vita sarebbe più caotica perché ci troveremmo di continuo di fronte a troppe scelte. E’, quindi, una trance inevitabile, ma non produce troppi danni se siamo coscienti della sua parzialità e della sua funzionalità solo in un ambito limitato, seppur condiviso. Il problema si può creare quando rimaniamo incollati alle nostre scelte ad ogni costo, costi quel che costi. In questo caso possiamo finire in una trance patologica, i cui connotati possono essere la limitazione nei pensieri, l’attenzione fissa e l’alterazione delle percezioni.

Ogni abitudine dannosa – compreso l’assorbimento totale nel lavoro che gli Inglesi con una parola che la dice lunga chiamano “workaholism”- è legata a questo meccanismo, senza sfociare necessariamente in una sintomatologia psichiatrica in senso classico. A modificare il grado di trance consensuale in cui ci troviamo nella nostra cultura ci pensano attivamente le propagande dei partiti, la pubblicità televisiva, la selezione mirata delle notizie di cronaca nera di cui è infarcito ogni telegiornale o tutta la serie di trasmissioni che sono focalizzate in modo esclusivo e ripetitivo su fatti di cronaca del tipo “Delitto di Cogne”, per intenderci : chi costruisce i testi di tali trasmissioni e prepara la tipologia di notizie da dare o di dichiarazioni da far riportare, non fa un reale lavoro di informazione a largo raggio, ma utilizza in modo surrettizio le migliori tecniche usate in ipnosi per aiutare una persona che sta male. Si tratta, come è facile comprendere, di una forma di ipnosi sociale di cui faremmo a meno e a cui siamo sottoposti nostro malgrado. Di questa ipnosi sociale fanno parte anche le immagini suggestive usate dalla pubblicità di una bellissima donna che accarezza sinuosa l’automobile ci cui si sta lanciando la vendita. Sono immagini che lavorano in profondità e ci catturano su due piani: da un lato seguiamo le indicazioni relative alle caratteristiche nuove dell’oggetto pubblicizzato (questo è il canale centrale di cui siamo consapevoli) e dall’altro siamo catturati da immagini suggestive che non hanno niente a che vedere con l’oggetto (questo è il canale secondario che agisce in profondità, determina modificazioni fisiologiche e ci rende attraente una cosa anziché un’altra, al di là di qualsiasi argomentazione ). E’ una tecnica da cavallo di Troia. Proprio per effetto della trance consensuale di cui parla Tart, i cambiamenti veloci nell’organizzazione della vita degli ultimi due secoli e il confronto ravvicinato con culture olistiche di vecchissima tradizione rendono oggi molto più labile e provvisorio il confine una volta per noi indiscutibile tra ciò che consideriamo reale o non reale, normale o patologico, ordinario o straordinario, scientifico o spirituale.

Possiamo in sintesi dire che le informazioni che il cervello ci mette a disposizione possono essere interpretate alla luce di significati e valori che vanno oltre l’atteggiamento scientifico, e che uno stato modificato di coscienza corrisponde alla percezione di un cambiamento abituale della coscienza. La caratterizzazione più vistosa di uno stato del genere è che la persona non è consapevole dell’ambiente che lo circonda e percepisce ciò che gli accade in modo distorto, rispetto alla “normalità”. Quando siamo in trance, uno degli stati modificati di coscienza in cui avvengono modifiche varie, diverse per ognuno, si verifica uno slittamento dell’attenzione dall’esterno verso il mondo interiore, dove assumono il predominio delle forme immaginative che producono particolari effetti sensoriali. Paracelso concentra in una frase gli effetti possibili di tali forme: “L’immaginazione è come il sole, la cui luce non è tangibile, e tuttavia può incendiare una casa”.

Nel caso specifico della trance ipnotica, ovvero in uno stato di trance in un contesto clinico in cui le trasformazioni di cui sopra sono frutto di un’interazione con una persona a cui chiediamo aiuto e di cui si fidiamo, ci si trova sia in uno stato fisiologico particolare, sia in una particolare relazione. Per motivi storici, anche se noi qui facciamo questa distinzione, si usano spesso in modo intercambiabile i due termini ipnosi o trance. Come spiega Granone, durante la trance ipnotica ci troviamo sempre in presenza di un mono-ideismo che si traduce nella capacità di una eccezionale potenza plastica, ovvero di trasformazione dello stimolo sensoriale (per lo più parole o immagini della propria voce registrata o di quella di un ipnotista o di un ipnoterapeuta) in pensiero, di questo in sollecitazione di certe funzionalità endocrine e, infine, dell’esito in un preciso atteggiamento muscolare.” In questo stato di forte attenzione responsiva verso le suggestioni, i fenomeni ideoplastici sono provocati, sollecitati o utilizzati per un fine terapeutico da uno specialista. Le ideoplasie, sono gli effetti sensoriali (ideo-sensori e ideo-motori) dell’idea su cui la persona è concentrata. In ipnosi è come se si creasse una realtà più vera di quella che si può registrare dall’esterno: il corpo reagisce alle immagini, ovvero i muscoli “fanno” quello che si sta immaginando, e le sensazioni e le emozioni che ne derivano sono congrue con l’immagine interiore, se questa è abbastanza forte ed esclusiva. L’immagine è tanto più incisiva, quanto più è indiretta nell’alludere alla tematica del soggetto in ipnosi, e quanta più libertà gli lascia di ricavarne le analogie idiosincratiche – ovvero specifiche per lui. Questo spiega l’efficacia della metafora come elemento base del linguaggio dell’ipnosi dopo M.Erickson. La scoperta recente dei neuroni specchio ci conferma , inoltre, che è possibile fare terapia attraverso la relazione, perché questi neuroni nella specie umana sembrano i mattoni della comprensione delle azioni e delle intenzioni degli altri, ma anche del rifacimento intenzionale delle azioni osservate o dell’ apprendimento per imitazione.

Ciò che guida la produzione e il senso che diamo ai fenomeni ipnotici sfocia in un livello che agisce con un’altra logica, dato che il cervello in trance funziona rispondendo a metafore e metonimie ed è capace di trasferire l’immaginazione nel corpo producendo una serie di modifiche, sensoriali ed emozionali.                                                                                              Questo stato modificato di coscienza può esitare per chi ci chiede aiuto in una soluzione alle sue difficoltà che noi non possiamo né immaginare, né programmare a livello della logica formale, proprio perché ci si muove nell’ambito del pensiero analogico, simbolico e immaginifico che lascia ampia libertà alla creatività inconscia della persona.
Nella pratica clinica ci sono degli ingredienti ritenuti necessari ad influenzare il corpo e le immagini quando accompagniamo qualcuno con l’ipnosi; essi sono: il monoideismo, la forte aspettativa positiva, l’attivazione emotiva e la riduzione delle funzioni critiche che ci guidano per lo più nello stato vigile. Lavorare per cogliere, suggerire, evocare, amplificare questi ingredienti è la base di un buon “rapport” che rende terapeutica la trance solo quando la persona “si sente riconosciuta nella sua identità e nelle sue necessità personali” [M.Erickson].

I fenomeni ipnotici e la logica della trance
Chi pratica l’ipnosi per qualsivoglia motivo o chi pratica l’ipnoterapia (detta anche ipnositerapia) ha come prima tappa da raggiungere quella di disorientare il cervello ragionante dell’ipnotizzando, attraverso il sovraccarico generato da particolari noiosi, o la confusione prodotta con rotazioni fisiche, con sfioramenti o con frasi paradossali che spiazzano il normale ragionamento, o anche ricordi/allusioni a situazioni che danno il via da subito al predominio del funzionamento cervello destro, facendo un uso del linguaggio in cui M.H.Erickson è stato un artista. Secondo lo schema ormai diventato classico che il maestro usava, in una seduta di ipnosi occorre :
1. Fissare l’attenzione tramite qualsiasi cosa che attragga e mantenga l’attenzione dell’ipnotizzando.
2. Depotenziare gli abituali schemi di riferimento e sistemi di credenze tramite distrazione, sorpresa, dubbio, paradossi, confusione ….
3. Sollecitare la ricerca inconscia. tramite implicazioni, domande, linguaggio analogico, metafore, racconti, aneddoti …
4. Favorire il processo inconscio tramite la creazione di nuove associazioni
5. Favorire la risposta ipnotica tramite l’espressione di potenzialità di comportamenti e processi cognitivi che vengono sperimentati come se avvenissero da sé.

Ma questa è tecnica: la specificità dell’approccio ericksoniano, in realtà, è il “rapport” che costruiva con i pazienti, ed è interessante notare che nel suo lavoro si ritrovano tutti gli ingredienti che la recente ricerca neuro-fisiologica sta confermando per i neuroni specchio : empatia, alleanza terapeutica, osservazione e rispetto.                                     La comunicazione con la persona in ipnosi è sempre a due vie, è una specie di ”danza a due”, in cui l’ipnoterapeuta coglie i più piccoli movimenti dell’ipnotizzato che rivelano i processi interni che egli sta mettendo in atto, usa i suoi gesti e le sue parole, gli costruisce una specie di abito su misura. E’ un metodo che conta prevalentemente su mezzi verbali e paraverbali : intonazione della voce, sottolineatura analogica, pause, disseminazione e così via. Ed è l’ipnoterapeuta che si adegua al soggetto e va in trance vigile prima dell’altro, il cliente/paziente.

Un ipnoterapeuta non dimenticherà mai, dopo l’induzione, di fare una verifica della trance, e un suo approfondimento a seconda della fase e degli obiettivi che intende raggiungere, e una de-ipnotizzazione che lasci comunque il terreno seminato per la successiva seduta. I suoi attrezzi di lavoro includono, oltre alla semina della trance già durante il colloquio, l’utilizzazione di tutto ciò che viene dal soggetto (cosa che riduce o elimina le cosiddette “resistenze”), l’adattamento alla singola persona, detto tailoring tramite il ricalco e la guida e, ad un meta-livello, la convinzione che l’inconscio del cliente/paziente – a differenza dell’inferno freudiano del luogo del rimosso – ha tutte le risorse per poter guarire.                                                  “Nella maggior parte delle trance, dice Erickson, la coscienza non è mai assente del tutto, ma assume un atteggiamento di osservazione: in parte il soggetto si perde nell’esperienza in atto, ma in parte l’Io osserva tranquillamente ciò che sta succedendo, come accade in sogno”. Ed è questo che rende più facile al terapeuta la via d’accesso all’inconscio attraverso suggestioni indirette. ”La trance non fa altro che permettervi di utilizzare tutte le cose che avete già imparato” (M.Erickson ). Questa è l’atteggiamento che può far superare le limitazioni apprese : chi ora soffre di fobie, per fare un esempio, ha vissuto un tempo in cui non si era inibita la vita con gli impedimenti psichici che questo disturbo comporta; allora, in trance, può essere portato in una distorsione temporale in cui ri-sperimenta cose di cui è stato capace, e, poi, può proiettarsi nel futuro (pseudo-orientamento nel tempo), nel momento in cui il problema lo avrà superato. E può anche vedere se stesso come se fosse un altro, o tanti altri se stesso, in vari momenti della propria vita (le sfere di cristallo) e fare nuove associazioni inconsce, ovvero, attraverso una ristrutturazione, ri-decidere, a livello profondo, come correggere e come ri-guadagnare il benessere perduto.

Puoi sognare te stessa come una bambina piccola, chiedendoti chi sia quella bambina.
E puoi guardare quella bambina diventare più grande, settimana dopo settimana, mese per mese, anno per anno.
Finché alla fine puoi riconoscere chi sia quella bambina che sta crescendo.”
[Tecniche di suggestione ipnotica – M.Erickson – E.Rossi – S.Rossi ]

Nel linguaggio ipnotico di Erickson – come è chiaro da questa citazione -la dissociazione, l’amnesia, il falso orientamento nel tempo scorrono in maniera impercettibile : tutto passa quasi inosservato, sembra non avvenire niente di spettacolare, come invece ci si può aspettare dalle facce un po’ inquietanti di certi ipnotisti che in un week-end, o poco più, ti promettono di rivoltarti tutto. Quello ericksoniano è un approccio in cui è tutto naturale e rispettoso: con la tua volontà, non contro. La magia, in questo approccio, è dentro il soggetto e il terapeuta non fa le cose al posto suo, ma lo accompagna a usarle a suo vantaggio. Ci si trova, cioè, in una realtà “concordata“ con il terapeuta, la cosa avviene quasi spontaneamente e accade che si possa sperimentare come è possibile solcare il mare all’insaputa del cielo .

Durante il processo ipnotico vengono utilizzati processi che si verificano spontaneamente : con l’ipnosi ericksoniana, più che dare suggestioni, che da fuori possono entrare nel soggetto, si lavora con l’evocazione, ovvero con uno stimolo ad utilizzare ciò che è già patrimonio del soggetto e di cui, per una condizione temporanea, egli si impedisce di servirsi. Facciamo il caso delle amnesie: in normali situazioni quotidiane si possono verificare amnesie spontanee, perché ci distraiamo, perché ci riagganciamo a pensieri su cui eravamo concentrati prima, o perché si verifica una qualsiasi interruzione dei nessi associativi. Con l’ipnosi ericksoniana la suggestione di amnesia viene introdotta in modo speculare a quanto avviene in natura, spontaneamente : per evitare che il ragionamento cosciente reintroducesse i limiti appresi, Erickson spesso licenziava rapidamente il suo paziente alla fine della seduta, frequentemente molto lunga, senza chiedergli cosa fosse avvenuto dentro di lui durante la trance, anzi, per un po’, passava a parlare di tutt’altro, affinché il lavorio dell’ipnosi continuasse il suo percorso, come la parentesi che si instaura naturalmente tra il sonno e la veglia e che ci impedisce di ricordare la maggior parte dei sogni se non ci attardiamo deliberatamente nella fase intermedia per ricordarli. Questa parentesi stato-dipendente veniva utilizzata da Erickson per evitare di annullare quanto era ancora a disposizione della mente inconscia appena dopo l’uscita dalla trance.

Dove siamo

dovesiamo

Contatti

info@ondesincroniche.it

0187 670602

392 23 30 331

Newsletter

Leggi l'informativa